Con il Decreto Legge del 10 Settembre 2003 n.276, attuativo della nota Legge Biagi, è stata resa la precedente normativa sul lavoro part-time più flessibile e meno formale.
La precedente normativa non viene di fatti né abrogata né sostituita, ma modificata in vari punti con la principale finalità di rendere la stipulazione e la modifica del contratto di lavoro part time più snella con l’intento di facilitare realmente l’utilizzo di questa forma contrattuale da parte delle aziende.
Il contratto di lavoro a tempo parziale (part-time) mantiene le tre tipologie esistenti:
Orizzontale: se la riduzione di orario viene effettuata all'interno dell'orario giornaliero (ad es. 4 ore anziché 8, tutti i giorni).
Verticale: : se la riduzione di orario viene effettuata nell'ambito di periodi concordati (settimana, mese, anno). Ad esempio si concordano 3 giorni pieni a settimana.
Misto: : è una combinazione delle due tipologie sopra descritte. Ad esempio, in alcuni periodi dell'anno si può concordare una riduzione dell'orario di lavoro del 50%, in altri del 20%.
In tema di orario eccedente quello pattuito e in merito alla tipologia di clausole, il part time verticale e quello misto vengono accomunati a differenza del part time orizzontale che conserva un trattamento differenziato.
Di seguito, le modifiche a quanto è necessario conoscere del contratto di lavoro part-time, alla luce dell’ultimo decreto legislativo 276/2003.
Definizione del contratto e modalità
Il contratto di part-time rimane un contratto individuale, stipulato in forma scritta, nel quale deve essere contenuta sia indicazione della durata della prestazione lavorativa che riportato l'orario di lavoro (con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all'anno).
La forma scritta è obbligatoria ai fini probatori dell’esistenza della tipologia di contratto (il datore che non ottempera a questa norma è passibile, su richiesta del lavoratore, di dover dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo pieno), ma viene meno l’obbligo per la direzione del personale di inviarne copia, entro 30 giorni dalla data di stipulazione alla Direzione Provinciale del lavoro. Permane comunque l'obbligo per il datore di lavoro di inviare, entro 30gg, copia del contratto ai Centri dell'impiego per la registrazione dell'avvenuta assunzione.
L'assunzione a part-time può avvenire anche a tempo determinato e può essere espressamente indicato il termine dell’accordo stesso, se ragioni di tipo organizzativo o produttivo lo richiedono.
Con il Decreto del Settembre 2003, non è più obbligatorio stabilire all’interno del singolo contratto il limite massimo di ore di lavoro supplementare effettuabili al giorno o nell'anno, le causali obiettive e i provvedimenti per il superamento, per le quali è ammesso il ricorso al lavoro supplementare. Per la definizione di questi aspetti si rimanda al contratto collettivo nazionale, se da esso trattati.
Le clausole elastiche e clausole flessibili
Il decreto 276/2003 modifica le precedenti clausole elastiche (ossia la possibilità che un datore di lavoro, modifichi, dandone congruo preavviso, l'orario di lavoro) distinguendo tra
-  clausole flessibili
-  clausole elastiche in senso stretto
Le prime sono relative alla possibilità delle modifiche dell’orario di lavoro del contratto a tempo parziale orizzontale, mentre le seconde si riferiscono al contratto part time verticale o misto.
Tali clausole devono essere formalizzate per iscritto anche contestualmente alla stipula del contratto e se richiesto dal lavoratore, in presenza di un Rappresentante Sindacale Aziendale, da lui scelto.
Per la stipulazione delle suddette clausole è necessario il consenso del lavoratore che può rifiutare il patto elastico senza che ciò costituisca giustificato motivo di licenziamento.
Spetta alla contrattazione collettiva nazionale stabilire in che misura e per quali motivi può essere modificato l’orario di lavoro dal patto elastico e che compenso deve essere corrisposto al lavoratore che si rende disponibile ad accettare tale flessibilità d’orario. Il compenso non necessariamente ha impatto sulla retribuzione, ma può consistere, ad esempio, nella possibilità di recupero delle ore aggiuntive, come riposo compensativo.
Se non è previsto nulla all’interno del c.c.n.l., è lasciata autonomia alle parti che possono anche decidere diversamente da quanto visto.
Con il decreto 276/2003 viene meno anche il diritto di ripensamento, con il quale il lavoratore aveva diritto di recedere, presentando documentazione scritta, dal patto di clausola elastica per le seguenti motivazioni:
 necessità familiari
tutela della propria salute, esibendo il certificato del servizio sanitario pubblico
per lo svolgimento di un'altra attività lavorativa subordinata od autonoma
Una volta dato il consenso alle clausole elastiche, il lavoratore non può dunque recedere dalla disponibilità data.
L'inquadramento dei lavoratori part time
Il trattamento del lavoratore part-time viene differenziato rispetto a quello ricevuto da un lavoratore a tempo pieno, inquadrato nello stesso livello contrattuale.
Non solo la retribuzione, ma anche altri diritti del lavoratore a tempo pieno, vengono proporzionati all’orario di lavoro del lavoratore a tempo parziale.
Il lavoratore a tempo parziale non è più considerato come un’unità “intera”, ma commisurato all’orario di lavoro effettivamente svolto.
Ciò risulta valido quindi per i benefici ottenibili in tema di retribuzione oraria, periodo di prova, ferie, e tutela della salute e sicurezza, accesso ai circuiti di formazione professionale e ai servizi sociali offerti dall'azienda. Lo stesso dicasi per diritti sindacali (es. numero di ore di sciopero a disposizione del lavoratore), maternità, malattia, infortunio e malattia professionale e trattamento previdenziale.
Dal part time al tempo pieno e viceversa: come si trasforma il rapporto.
A fronte dell’accordo scritto tra datore di lavoro e lavoratore, è possibile modificare il rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro part time anche in assenza di un Rappresentante Sindacale Aziendale.
Il rifiuto da parte del lavoratore a trasformare il proprio rapporto da tempo pieno a parziale (e viceversa) non costituisce giusta causa per il licenziamento.
Il datore di lavoro, a differenza dell’obbligo prima esistente, non è tenuto a:
motivare il proprio rifiuto a trasformare il rapporto da tempo pieno a tempo parziale;
convertire obbligatoriamente il contratto di lavoro da part time a tempo pieno, dei lavoratori che ne hanno fatto richiesta, in caso di nuove assunzioni a tempo pieno, a meno che non espressamente previsto nel contratto individuale.
In merito a questo secondo punto, citando testualmente il decreto legislativo “Il contratto individuale a tempo parziale può prevedere, in caso di assunzione di personale a tempo pieno, un diritto di precedenza in favore dei lavoratori assunti a tempo parziale in attività presso unità produttive site nello stesso ambito comunale, adibiti alle stesse mansioni od a mansioni equivalenti rispetto a quelle con riguardo alle quali è prevista l’assunzione”.
L'orario supplementare
Oltre l'orario normale di lavoro fissato, è data la possibilità al datore di lavoro di chiedere ore di lavoro eccedenti quelle stabilite. In precedenza tali ore aggiuntive venivano definite, per tutte le tipologie di part time come “orario supplementare”.
Il decreto 276/2003 opera una distinzione definendo “orario supplementare” quello richiesto ai lavoratori con part time orizzontale, ed “orario straordinario” quello richiesto ai lavoratori con contratto a tempo parziale verticale o misto. Per quest’ultimo dunque viene applicata direttamente la disciplina relativa al lavoro straordinario contenuta nei contratti collettivi nazionali.
Per quanto riguarda l’orario supplementare invece, viene data maggiore autonomia alla trattativa individuale laddove non specificato nei c.c.n.l.
In prima istanza è stato abrogato l’obbligo di non superare con la richiesta di lavoro supplementare il 10% dell’orario di lavoro stabilito.
Anche in assenza di tale percentuale, il tempo supplementare richiesto ha, chiaramente, come limite massimo il numero di ore del contratto a tempo pieno (40 ore settimanali).
La contrattazione collettiva nazionale ha la possibilità di stabilire il tetto massimo di ore di lavoro supplementare, le causali per le quali può essere richiesto, unitamente ai provvedimenti per il superamento di tale orario. Capita però spesso che questi vincoli non siano volutamente previsti o specificati per lasciare maggiore autonomia alle parti.
Infatti, qualora tali elementi non siano previsti dal c.c.n.l, viene data autonomia alle parti che può decidere anche la retribuzione per l’orario supplementare prestato.
Il consenso del lavoratore a prestare lavoro supplementare è tuttavia sempre richiesto e necessario e deve risultare da atto scritto. Può essere anche contestuale alla stipula del contratto e su richiesta, può essere reso alla presenza di un Rappresentante Sindacale Aziendale indicato dal lavoratore stesso.
E’ bene sapere che il rifiuto a prestare lavoro supplementare non costituisce giustificato motivo per il licenziamento.
L’orario supplementare è soggetto a dei vincoli ed è retribuito. Con il decreto 276/03 viene tolto il vincolo della maggiorazione del 50% rispetto alla retribuzione ordinaria e, in assenza di precise disposizioni collettive specifiche sulla questione, si lascia nuovamente autonomia alle parti.
Il datore di lavoro può esercitare il proprio diritto di richiedere una modifica dell’orario di lavoro in aumento dandone preavviso, sia in caso di part time orizzontale che verticale/misto con almeno due gg lavorativi di anticipo.
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