Le ferie non godute non possono essere monetizzate. E’ quanto detta il decreto legislativo n. 66 dell' 8 aprile 2003, che ha recepito alcune direttive europee in materia di diritto del lavoro. Per quanto rigurda il periodo di ferie dovuto al lavoratore, rientra l’impossibilità per i lavoratori dipendenti di ricevere un indennizzo sostitutivo per le ferie non godute.
Il periodo annuale di ferie retribuite, non si può "convertire" in denaro. La disposizione, tuttavia, non interessa i casi di cessazione dal lavoro per i quali le ferie non sfruttate vengono liquidate nel trattamento di fine rapporto. Inoltre il periodo di ferie di cui può usufruire un lavoratore non può essere inferiore a quattro settimane.
I contratti collettivi di lavoro possono stabilire condizioni di miglior favore. Il decreto ha modificato quanto precedentemente disposto dalla legge 159 del 1981, di ratifica della convenzione Oil 146/1976, che aveva previsto che il lavoratore aveva diritto a minimo tre settimane di riposo lavorativo.
Ulteriori modifiche a quanto stabilito dal D.l 66/03 sono state apportate dal decreto legislativo numero 213 del 19 luglio 2004. Delle quattro settimane di riposo, il lavoratore ha diritto a godere almeno di due settimane consecutive nel corso dell’anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione.
Quello alle ferie retribuite è un diritto riconosciuto dal Codice Civile e dalla Costituzione che, all'art. 36, stabilisce che il lavoratore "ha diritto a ferie annuali retribuite e non può rinunciarvi. Quello che quindi, indiscutibilmente, è un diritto per tutti, non opera però per tutti allo stesso modo. Per alcune particolari categorie di lavoratori o in alcune fasi del rapporto lavorativo ci sono, infatti, delle eccezioni.
I dirigenti sono gli unici lavoratori dipendenti che possono rinunciare volontariamente alle ferie. Lo ha stabilito la Cassazione considerando la grande autonomia di cui dispongono per organizzare il loro lavoro. Dunque, se in questa auto-organizzazione, i dirigenti decidono di non inserire un periodo di riposo, è da intendersi che vi abbiano rinunciato.
Lavoratori a domicilio, ovvero quei lavoratori - a tutti gli effetti subordinati - che svolgono la loro attività a casa o loro o comunque in locali di loro pertinenza, non possono godere delle ferie. Alla loro retribuzione viene comunque sommata un'apposita percentuale, stabilita dai contratti collettivi, a titolo di indennità per le ferie e le festività non godute.
Per i lavoratori domestici che prestano la loro attività per meno di quattro ore continuative al giorno, il Codice Civile provvede la fruizione di un minimo di otto giorni di riposo retribuito. Giorni che salgono a 15, 20 o 25 (a seconda dell'anzianità di servizio o di inquadramento), nel caso di lavoratori che prestano la loro opera per più di 4 ore giornaliere.
I ragazzi di età inferiore a 16 anni, che lavorano come apprendisti, hanno diritto a un periodo più lungo di ferie, pari a 30 giorni. Il legislatore infatti ha particolare cura nel cercare di garantirne il sano sviluppo psico-fisico.
Considerando le lavoratrici in maternità, bisogna distinguere il congedo obbligatorio, che precede il parto, in cui matura il diritto alle ferie, e il periodo successivo, facoltativo, in cui invece questo diritto non matura. Vanno esclusi agli effetti della maturazione delle ferie, anche i congedi parentali, ottenuti dal lavoratore padre o dalla lavoratrice madre per accudire il bambino nei suoi primi anni di vita. Il periodo trascorso in cassa integrazione guadagni, sia ordinaria che straordinaria, non dà diritto alle ferie se è a zero ore. Se invece è a orario ridotto, matura il diritto alle ferie e alla relativa retribuzione.
Il diritto alle ferie retribuite vale, ovviamente, anche per i lavoratori part-time, ma bisogna fare una distinzione tra contratto a tempo parziale "orizzontale" e "verticale". Nella prima ipotesi, la riduzione dell'orario di lavoro, rispetto a quello dei lavoratori full-time, risulta in relazione all'orario giornaliero complessivo (si lavora, ad esempio, 4 ore invece di 8). Nel part-time verticale invece, l'attività lavorativa è svolta per tutto il normale orario di lavoro giornaliero, ma limitatamente a periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell'anno.
Nel caso del part-time orizzontale, il principio di non-discriminazione comporta che la durata delle ferie non sia diversa da quella riconosciuta ai lavoratori a tempo pieno.
Nel caso di part-time verticale il periodo di godimento delle ferie, previsto dalla contrattazione collettiva per i lavoratori full-time, non viene riconosciuto integralmente, ma viene ridotto in proporzione all'attività lavorativa effettivamente svolta.
Il lavoro temporaneo per sua natura è difficilmente compatibile con l'effettivo godimento delle ferie: difficilmente l'impresa assegnerà periodi di ferie a lavoratori dei quali ha esigenza solo per un determinato periodo di tempo. In tema di ferie, quindi, il principio di parità di trattamento tra lavoratori interinali e lavoratori dipendenti, vale solo ai fini del calcolo della retribuzione delle ferie maturate e dell'indennità per le ferie non godute. Diversa la situazione per i lavoratori assunti con contratto a tempo determinato che hanno diritto a godere delle ferie previste in favore dei lavoratori assunti a tempo indeterminato, in proporzione al periodo lavorativo prestato, salvo che ciò non sia incompatibile con le esigenze aziendali.
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