Mentre la nozione di lavoro subordinato è desumibile dall’art. 2094 c.c., il codice tralascia di definire il “contratto di lavoro” e inserisce le disposizioni in materia non nel libro quarto, che contiene anche le norme dedicate ai contratti (sia in generale che specifiche per i vari tipi contrattuali), bensì in un libro ad hoc: il libro quinto, intitolato “del lavoro”. Queste e altre considerazioni hanno portato parte della dottrina a ritenere che il rapporto di lavoro non abbia necessariamente natura contrattuale. L’opinione prevalente, tuttavia, è di avviso opposto. Salvo rare eccezioni (come lo stage, che, del resto, è un’ipotesi del tutto peculiare), il rapporto di lavoro trova la sua fonte, in realtà, sempre in un contratto tra il lavoratore e il datore di lavoro, anche se le parti non sono del tutto libere di determinare il contenuto delle clausole, poiché numerosi sono i vincoli e i limiti che la legge prevede, normalmente, al fine di tutelare il lavoratore, considerato soggetto debole del rapporto.
Il contratto di lavoro è oneroso, in quanto è obbligatorio corrispondere un’adeguata retribuzione al lavoratore e sinallagmatico, in quanto la sua causa consiste nello scambio tra lavoro prestato in posizione subordinata e retribuzione e tali obbligazioni trovano ragion d’essere l’una nell’altra.
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