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Tempo della prestazione lavorativa

Essendo quello in argomento un contratto di durata, l’esecuzione della prestazione lavorativa necessita una regolamentazione anche sotto il profilo del tempo, prevalentemente al fine di scongiurare un eccessivo protrarsi ininterrotto dell’adempimento dell’obbligazione lavorativa. La previsione di limiti alla durata della giornata lavorativa è stata una delle prime conquiste ottenute in materia di diritto del lavoro, all’indomani della rivoluzione industriale. Per quanto riguarda l’ordinamento italiano, a definire l'orario di lavoro concorrono una serie di norme di vario livello nella gerarchia delle fonti. Mentre l’art. 36 della Costituzione indica la legge quale fonte legittimata a imporre, in via generale, specifici limiti dell'orario di lavoro, in realtà tale profilo è normalmente disciplinato, almeno in modo prevalente, dai vari contratti collettivi. Di recente, tuttavia, è intervenuto il D. Lgs. n. 66/2003 a dettare regole in materia. Tra le disposizioni introdotte da tale provvedimento, merita di essere menzionato, innanzitutto, il suo articolo sette, ove è sancito il diritto del lavoratore ad almeno undici ore di riposo ogni ventiquattro ore, eliminando, nel contempo, il precedente limite tassativo di orario fisso giornaliero. In materia di durata massima, poi, l’art. 4, comma 2 del decreto citato dispone che la durata media dell'orario di lavoro non può in ogni caso superare, per ogni periodo di sette giorni, le quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario. L’orario settimanale “normale”, infatti, è, in via di principio, pari a quaranta ore, anche se sono numerosi i contratti collettivi che ne riducono la durata: per il pubblico impiego, ad esempio, essa è fissata, di regola, in trentasei ore settimanali. Il tetto delle quarantotto ore settimanali, tuttavia, non è inderogabile in senso assoluto. Il quinto comma del medesimo articolo, in realtà, per l’ipotesi di superamento di tale limite, impone al datore di lavoro, che occupi in una unità produttiva un numero di dipendenti superiore a dieci (e, in ogni caso, se si tratti di una Pubblica Amministrazione, eccetto che per il personale di polizia municipale e per lo straordinario svolto in occasione delle elezioni) di darne notizia alla Direzione provinciale del lavoro - Settore ispezione del lavoro competente per territorio, entro un breve termine indicato nella disposizione citata.

Il lavoratore è tenuto a prestare la propria opera oltre il normale orario tendenzialmente solo al ricorrere di particolari situazioni di esigenza tecnica-produttiva, le quali rendono impossibile l'assunzione di ulteriore personale, o per cause di forza maggiore, grave pericolo e simili. Il ricorso al lavoro straordinario, comunque, è ammesso solo entro i limiti contenuti nei contratti collettivi di categoria e, in loro assenza, esclusivamente con il consenso del lavoratore, per un massimo annuale di duecentocinquanta ore. A fronte di lavoro straordinario, inoltre, è imprescindibile la corresponsione di una maggiorazione della retribuzione risultante dai contratti collettivi, che può essere sostituita, in tutto o in parte, soltanto da riposi aggiuntivi (c.d. “riposo compensativo”).

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