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Che cosa succede se il licenziamento risulta privo di giusta causa o di giustificato motivo

Il licenziamento comminato da un datore di lavoro nei confronti di un singolo lavoratore incorre in particolari conseguenze qualora tale provvedimento manchi di una giusta causa o un giustificato motivo. Le conseguenze dell’illegittimità di tale licenziamento comunque non sono sempre le stesse. In proposito, occorre infatti distinguere a seconda che il licenziamento sia stato intimato ove si applichi la c.d. tutela reale prevista dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, ovvero la tutela obbligatoria prevista dall’art. 8 della legge n. 604 del 1966 (e successive modificazioni).
Mentre, infatti, l’art. 18 Stat. Lav. prevede l’annullabilità del licenziamento intimato in assenza di giusta causa o giustificato motivo, la legge 604/1966 prevede che il licenziamento privo di giusta causa o di giustificato motivo, ancorché illegittimo, non venga dichiarato dalla legge annullabile, pur se espone il datore di lavoro a conseguenze sanzionatorie.
Per una migliore comprensione, val la pena precisare che si applicano o l’una o l’altra disciplina a seconda della dimensione aziendale del datore di lavoro.
Orbene, la c.d. tutela reale, prevista dall’art. 18 Stat. Lav. si applica nei confronti dei datori di lavoro, imprenditori o non imprenditori, che occupino più di quindici dipendenti nell’unità produttiva nella quale è occupato il lavoratore licenziato oppure nell’ambito dello stesso comune; e in ogni caso ai datori di lavor che abbiano alle proprie dipendenze globalmente più di sessanta lavoratori, indipendentemente dal frazionamento organizzativo delle unità produttive.
Entro questo ambito di applicazione, il giudice con sentenza che annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo, ordina al datore di lavoro di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro. Inoltre, il medesimo giudice dovrà condannare il datore di lavoro al risarcimento del danno patito dal lavoratore, liquidando al lavoratore un’indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento a quello dell’effettiva reintegrazione e al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali; in ogni caso la misura di tale risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione globale di fatto.
E’, inoltre, facoltà del lavoratore esercitare la c.d. opzione, che consiste nel richiedere, al posto della reintegrazione, la corresponsione di un’indennità pari a 15 mensilità (da sommarsi a quanto dovuto a titolo di risarcimento).

La c.d. tutela obbligatoria è, invece, prevista dall’art. 8 della legge n. 604 del 1966, così come sostituito dall’art. 2 della legge n. 108 del 1990, e si applica ai datori di lavoro privati, imprenditori e non, che occupino alle loro dipendenze fino a quindici lavoratori.
In tale ipotesi, quando il giudice accerti con sentenza che non ricorrano gli estremi del licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo intimato dal datore di lavoro, quest’ultimo è tenuto a riassumere il prestatore di lavoro entro tre giorni oppure a risarcire il danno da questi patito, versandogli un’indennità di importo compreso tra 2,5 e 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell’impresa, all’anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti.
Peraltro, tale indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore a dieci anni, e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore a 20 anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro.
Nell’ipotesi di tutela obbligatoria, quindi, la scelta tra la riassunzione o il pagamento del risarcimento del danno spetta al datore di lavoro e ciò manifesta la rilevante differenza fra la tutela obbligatoria (che fa nascere a carico del datore di lavoro l’obbligazione alternativa fra la riassunzione e la corresponsione di un’indennità risarcitoria) e la tutela reale (ove esiste comunque un’obbligazione a carico del datore di lavoro di reintegrare nel posto di lavoro).

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