-Qualora il contenuto di un verbale di conciliazione giudiziale sia controverso, esso va interpretato sulla base della volontà espressa dalle parti. In particolare, le regole ermeneutiche da seguire sono quelle indicate dagli artt. 1362 ss. c.c. In particolare nell'interpretare il verbale di conciliazione si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e si deve effettuare un'interpretazione complessiva delle clausole, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell'atto. (Trib. Taranto 27/1/2009, dott. Magazzino, in Lav. nella giur. 2009, 415)
-Qualora il ricorso introduttivo debba essere notificato anche a un controinteressato, il giudizio è comunque procedibile anche qualora il precedente tentativo di conciliazione sia stato esperito solo nei confronti del convenuto principale, giacchè il controinteressato non potrebbe comunque disporre, in sede conciliativa, della controversia. (Trib. Napoli 10/1/2007, Est. Simeoli, in D&L 2007, 829)
-L’espletamento del tentativo obbligatorio di conciliazione previsto dall’art. 410 c.p.c. non deve precedere la domanda che, pur inerente ad uno dei rapporti indicati dall’art. 409 c.p.c., sia proposta non in via principale bensì come riconvenzionale. (Trib. Ivrea 22/12/2004, ord., Giud. Morlini, in Giur. It 2005, 1684)
-Nel rito del lavoro l’espletamento del libero interrogatorio delle parti e del tentativo di conciliazione, pur essendo obbligatorio, non è previsto a pena di nullità, restando affidato al potere discrezionale del giudice di merito di valutare, anche in relazione agli assunti delle parti, se tale espletamento si configuri di qualche potenziale utilità, o sotto il profilo del buon esito del tentativo o al fine di acquisire elementi di convincimento per la decisione; ne consegue che l’omissione di uno di tali adempimenti da parte del giudice non incide sulla validità dello svolgimento del rapporto processuale, restando ininfluente – e di conseguenza non denunciabile in sede di legittimità – la mancata considerazione dell’omissione stessa, ove lamentata in sede di appello, da parte del giudice del gravame. (Cass. 18/8/2004 n. 16141, Pres. Mattone Rel. Curcuruto, in Lav. nella giur. 2005, 180)
-Nelle controversie di lavoro, la questione della procedibilità della domanda giudiziaria il relazione al preventivo espletamento del tentativo obbligatorio di conciliazione è sottratta alla disponibilità delle parti e rimessa al potere – dovere del giudice di merito, da esercitarsi, ai sensi del secondo comma dell’art. 443 c.p.c., solo nella prima udienza di discussione, sicchè ove la improcedibilità, ancorchè segnalata, non venga rilevata dal giudice entro detto termine e non sia stato fissato il termine perentorio per la richiesta del tentativo, l’azione giudiziaria prosegue, in ossequio al principio di speditezza di cui agli artt. 24 e 111, secondo comma, Cost., e la questione stessa non può essere riproposta nei successivi gradi del giudizio. (Cass. 19/7/2004 n. 13394, Pres. Senese Rel. Balletti, in Lav. nella giur. 2005, con commento di Gianluigi Girardi, 135)
Ai fini del compimento del tentativo obbligatorio di conciliazione, previsto dall'art. 410 c.p.c., è sufficiente l'inoltro della relativa richiesta alla competente commissione di conciliazione. (Cass. 21/1/2004 n. 967, Pres. Sciarelli Rel. Curcuruto, in D&L 2004, 453)
-L'obbligo di proporre il tentativo di conciliazione a pena di improcedibilità vale solo per il processo celebrato davanti all'autorità giudiziaria, ma non per il procedimento di conciliazione dinanzi al collegio arbitrale. (Trib. Firenze 21/10/2003, Est. Bazzoffi, in D&L 2004, 458)
-È invalido ed inidoneo a produrre gli effetti di cui all'art. 2113 c.c. il verbale di conciliazione in sede sindacale sottoscritto in assenza del conciliatore e senza il rispetto dei requisiti e delle procedure stabiliti dal contratto collettivo in forza del quale il conciliatore trae i suoi poteri per il rinvio dell'art. 410 c.p.c. (nel caso di specie che mancavano tra le altre cose la presenza e l'assistenza dell'associazione datoriale, nonché l'assistenza del sindacato d'appartenenza della lavoratrice, così come previsti dal Ccnl commercio). L'associazione non riconosciuta non si estingue fino a quando vi siano rapporti giuridici pendenti di cui la stessa sia titolare. A definire tali rapporti restano in carica, eventualmente in regime di prorogatio, gli organi ordinari. (Trib. Milano 26/9/2002, Est. Frattin, in D&L 2003, 192, con nota di Monica Rota, "Le associazioni non riconosciute: un particolare caso di immortalità giuridica" e nota di Silvia Bochese, "Inerenza al ciclo produttivo del servizio di trasporto ex art. 3 L. 1369/1960")
-L'espletamento del tentativo obbligatorio di conciliazione prescritto dall'art. 410 c.p.c. non deve precedere la domanda che, pur inerente a uno dei rapporti indicati nell'art. 409 c.p.c., sia proposta non in via principale bensì come riconvenzionale o mediante chiamata di terzo in causa: in questi casi va perciò respinta l'eccezione di improcedibilità proposta ai sensi dell'art. 412 bis c.p.c. (Trib. Taranto 18/4/2002, ordinanza, Giud. Cavallone, in Giur. italiana 2003, 78)
In ipotesi di chiamata in causa di terzo, lo svolgimento del tentativo obbligatorio di conciliazione si pone come condizione di procedibilità solo quando la domanda svolta nei suoi confronti attiene ai rapporti di cui all'art. 409 c.p.c. e non anche quando tale domanda viene trattata con il rito del lavoro per mere ragioni di connessione (nel caso, in controversia promossa dal lavoratore infortunato per il ristoro del danno biologico e morale, è stata esclusa la necessità del tentativo di conciliazione relativamente alle domande di manleva svolte dal datore di lavoro e dal committente nei confronti delle rispettive assicurazioni chiamate in causa) (Trib. Pordenone 13/2/01, pres. e est. Costa, in Dir. lav. 2001, pag. 271, con nota di Pamio, Limiti alla necessità del tentativo obbligatorio di conciliazione anche nei confronti del terzo)
Il giudizio instaurato dal datore di lavoro per accertare la legittimità della disdetta di una serie di contratti collettivi aziendali, con contestuale condanna dei lavoratori alla restituzione di quanto percepito successivamente alla scadenza del termine di preavviso, deve essere preceduto dal tentativo obbligatorio di conciliazione nei confronti delle organizzazioni sindacali interessate che hanno contestato la validità della disdetta medesima; l'omissione del tentativo viola gli artt. 410 e 412 bis c.p.c. e determina l'improcedibilità della domanda (Trib. Potenza 1/2/00, est. Colucci, in Riv. it. dir. lav. 2001, pag. 186, con nota di Cattani, Sul tentativo obbligatorio di conciliazione nelle controversie collettive di lavoro e sulla legittimazione attiva e passiva delle organizzazioni sindacali)
FONTE: Wikikabour
Nessun commento:
Posta un commento