Durante la malattia il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto per il tempo determinato dalla legge, dai contratti collettivi, dagli usi o secondo equità. Decorso tale termine, il datore di lavoro ha diritto di recedere dal contratto, dando il regolare preavviso.
Il termine di conservazione del posto è praticamente stabilito dai contratti collettivi che in generale ne fissano la durata a seconda dell'anzianità di servizio oppure della qualifica. Tale periodo si chiama comporto, del quale esistono due tipi.
Il Comporto "secco" è il periodo massimo di conservazione del posto in presenza di un'unica malattia ed è previsto da tutti i contratti collettivi. Il Comporto per sommatoria è il periodo massimo di conservazione del posto in presenza di più episodi morbosi. Anche esso di norma è determinato dai contratti collettivi; in caso contrario, il periodo deve essere determinato dal giudice in via equitativa.
Vediamo come si calcola il periodo di comporto, ossia quali assenze incidono o meno nella sua determinazione. Il problema si pone sia riguardo ad assenze equiparabili alla malattia (es. malattia a causa di gravidanza), sia ad assenze cadenti a ridosso o inframezzate a giornate di malattia.
Periodi computabili nel comporto: giorni non lavorativi (sabato, domenica, festività infrasettimanali) che cadono nel periodo di assenza per malattia; giorni di sciopero che cadono nel periodo di assenza per malattia; assenze per cure termali retribuite fruite in periodo extraferiale.
Periodi non computabili nel comporto: assenze per malattia imputabile al datore di lavoro, in quanto derivante dalla nocività dell'ambiente di lavoro, in violazione del dovere di sicurezza; assenze per malattia dell'invalido dovuta allo svolgimento di mansioni incompatibili con il suo stato; in generale, per previsione collettiva, le assenze per infortunio e malattia professionale; periodi di assenza di malattia a causa di gravidanza o puerperio.
Maturazione dell'anzianità durante il comporto. Durante la malattia l'anzianità matura regolarmente. Pertanto si ritiene che, allo stesso modo, possa maturare, per il decorso dell'anzianità, uno scaglione di comporto superiore, temporalmente più lungo di quello dell'inizio della malattia.
Per i lavoratori affetti da tubercolosi la durata del comporto è fissata dalla legge in 18 mesi dalla data di sospensione del rapporto, oltre a 4 mesi successivi alla dimissione dal sanatorio (imprese con meno di 16 dipendenti) e 6 mesi dalle dimissioni per le imprese con più di 16 dipendenti .
La determinazione equitativa, basata sull'art. 1374 c.c., deve fissare i seguenti termini:
- il periodo massimo che, frutto della sommatoria delle diverse assenze per malattia, permette la conservazione del posto (c.d. termine interno). In generale la giurisprudenza fa coincidere questo termine con il periodo previsto dal CCNL per il comporto "secco";
- l'arco temporale massimo entro cui collocare il periodo precedente (c.d. termine esterno).
Licenziamento alla fine del comporto: scaduto il periodo di comporto, il datore di lavoro può legittimamente licenziare il lavoratore anche in costanza di malattia.
Effetti del licenziamento illegittimo. Prospettiamo due ipotesi:
- il licenziamento viene intimato quando il comporto è ancora in corso: in tale caso esso, secondo la giurisprudenza, è non solo inefficace ma nullo ed impugnabile nel termine di 60 giorni dalla ricezione della comunicazione;
- il licenziamento non viene intimato tempestivamente: in tal caso il licenziamento è illegittimo e scattano a favore del lavoratore la tutela reale della reintegrazione o quella obbligatoria della riassunzione, a seconda delle dimensioni aziendali.
Il licenziamento deve essere intimato per iscritto, con il rispetto dei termini di preavviso e con pagamento dell'indennità sostitutiva del preavviso, in caso di licenziamento durante la malattia. Il datore di lavoro, nell'intimare il licenziamento deve indicarne i motivi o, in caso contrario, darne comunicazione successiva al lavoratore. Di conseguenza i periodi di assenza non contestati nella comunicazione non devono essere considerati ai fini del calcolo del superamento del comporto.
Richiesta di aspettativa. Diversi contratti collettivi prevedono che, cessato il periodo di comporto, il lavoratore abbia diritto ad un periodo di aspettativa non retribuita, durante la quale gli viene conservato il posto di lavoro. Tutti gli aspetti di questo istituto vengono regolamentati dai CCNL (condizioni, modalità e termine per la richiesta, durata, frazionabilità, ecc.).☺
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