di Antonio
Saccone ( Avvocato - Funzionario della DPL di Pescara - Responsabile
Affari Legali e del Contenzioso)
Come è noto, dopo un lungo e complesso
iter parlamentare, che è passato anche attraverso un rinvio alle Camere da
parte del Capo dello Stato per il riesame di alcuni provvedimenti in essa
contenuti, è stata definitivamente approvata la legge 4 novembre 2010, n. 183 (
il cd. Collegato lavoro), entrata in vigore in data 24.11.2010.
La norma ha radicalmente cambiato lo
scenario preesistente in materia di conciliazione ed arbitrato, fissando -
all’art. 31 - una nuova disciplina, completamente diversa dall’assetto
precedente.
In estrema sintesi, allo stato delle
norme vigenti, le soluzioni conciliative possibili in materia di lavoro sono:
a)
il tentativo di conciliazione relativo alle controversie individuali dei lavoratori
privati, che
si svolge innanzi la Commissione provinciale di conciliazione, costituita
presso la Direzione provinciale del lavoro (DPL), articolazione periferica del
Ministero del Lavoro: a seguito delle innovazioni introdotte dal collegato
lavoro e per effetto della riscrittura degli artt. 410 e 411 c.p.c., esso da
obbligatorio è diventato facoltativo;
b)
il tentativo di conciliazione relativo alle controversie individuali di lavoratori
dipendenti del pubblico impiego, anch’esso
facoltativo, che si espleta innanzi il suddetto organismo collegiale
(Commissione provinciale di conciliazione) operante presso la DPL;
c)
il tentativo di conciliazione inerente le controversie collettive di lavoro: anche tale tentativo, come i precedenti, è esperibile presso la DPL ed ha il
carattere della facoltatività. Al riguardo va precisato che, a seguito del
decentramento di alcune competenze del Ministero del Lavoro - intervenuto con
il D. Lgs. 23.12.1997, n. 469 - le controversie collettive legate agli
ammortizzatori sociali (esame congiunto per mobilità, CIGS, solidarietà,
disoccupazione edile), non sono più incardinate nell’alveo delle competenze
istituzionali dello Stato, in quanto le relative funzioni sono state trasferite
agli enti locali. Alle DPL, dunque, in materia è rimasto soltanto il compito di
tentare la composizione dei conflitti collettivi non legati ad ammortizzatori
sociali, mentre quelli che presentano aspetti di connessione con la concessione
di ammortizzatori sono trattati presso gli enti locali (Regione e/o Provincia);
d)
il tentativo di
conciliazione monocratica di cui all’art. 11 D.Lgs. 124/04 e
s.m.i., che è stata forse la più importante e significativa innovazione
introdotta nel nostro ordinamento negli ultimi anni in materia: attraverso tale
istituto, il legislatore ha tentato di realizzare l’armonizzazione sinergica
tra le ispezioni e le conciliazioni, che costituiscono le due principali
attività del Ministero del Lavoro;
e)
il tentativo di conciliazione relativo a controversie che possono insorgere in
ordine a rapporti di lavoro certificati dagli appositi organismi,
previsti dagli artt. 75 e ss. D.Lgs. 276/03: esso si svolge presso lo stesso
organo che ha proceduto alla certificazione del rapporto di lavoro per cui
nasce il contenzioso ed è rimasto l’unico tentativo ad avere il carattere della
obbligatorietà, essendo condizione di procedibilità dell’azione
giudiziaria;
f)
la
risoluzione arbitrale delle controversie: a seguito dell’abrogazione,
intervenuta con il collegato lavoro, degli artt. 410bis e 412bis c.p.c.
nonché dell’introduzione dei novellati artt. 412, 412ter e 412quater c.p.c., è
stata prevista la possibilità di risolvere le controversie individuali di
lavoro con specifiche procedure arbitrali. Tale possibilità può realizzarsi
attraverso la già richiamata Commissione provinciale di conciliazione,
istituita presso la DPL oppure mediante forme arbitrali previste dalla
contrattazione collettiva (od anche da contratti individuali, le cui clausole
compromissorie siano state certificate da uno degli organismi a ciò preposti),
nonché a mezzo dell’arbitrato espressamente disciplinato dalla legge all’art.
412quater c.p.c., come modificato;
g) la
definizione delle controversie individuali di lavoro attraverso le camere arbitrali, costituite ex art. 808ter c.p.c., presso gli organismi
di certificazione di cui all’art. 76 D.Lgs. 276/03 (Enti bilaterali, DPL,
Province, Università pubbliche e private - comprese le Fondazioni, la D.G.
Tutela e Condizioni di lavoro del MLPS, i consigli provinciali dei consulenti
del lavoro).
Un discorso a parte, poi, merita una fattispecie di
possibile soluzione conciliativa, che è quella prevista dall’art. 7 della legge
300/70 (cd. Statuto dei lavoratori).
Tale norma disciplina una tipologia particolare di collegi
di conciliazione ed arbitrato: si tratta di quegli organi collegiali, che si
occupano della definizione delle
controversie che hanno ad oggetto le sanzioni disciplinari cd. “conservative”
(richiami, ammonizioni scritte, multe, sospensioni dal lavoro e dalla
retribuzione, trasferimenti per punizione ovvero per incompatibilità
ambientale), che non comportano cioè mutamenti definitivi del rapporto di
lavoro. La definizione di queste controversie può intervenire, attraverso i
suddetti organismi collegiali, tanto in via conciliativa che con una
determinazione arbitrale (cd. lodo) .
La legge citata individua in capo alle DPL soltanto compiti
istruttori, finalizzati alla costituzione degli organismi in parola; tuttavia,
è molto frequente - per prassi consolidata - che anche la trattazione di tali
controversie venga affidata a funzionari e dirigenti dell’ufficio istruttore,
incaricati quali conciliatori e/o terzi arbitri dalle parti contendenti.
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