Il Ministero del Lavoro con la nota 12 ottobre 2012, n. 18273 chiariusce alcune incertezze operative ion merito alla decorreza del temine di cinque giorni per la comunicazione obbligatoria ai servizi impiego della cessazione del rapporrto di lsavoro con riferimento alle fattispecie ,di cui alla L. n. 92/2012 , riguardanti il licenziamento per giustificato motivo oggettivo - +,il licenziamento disciplinare e la convalida dimissioni o risoluzione consensuale del rapporto ,onde non determinare aggravi di impegno agli opersatori ed il rischio di sanmzioni nei confronti dei datpori di lavoro..
Di seguito si riporta il testo della richiamata nota ministeriale.
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Le novità introdotte dalla L. n. 92/2012 in ordine ai licenziamenti per giustificato motivo oggettivo (art. 1, comma 40), ai licenziamenti disciplinari (art. 1. comma 41) e alla procedura di convalida delle dimissioni e della risoluzione consensuale del rapporto (art. 4. commi 16-22), richiedono alcuni approfondimenti in ordine all'obbligo di comunicare al Centro per l'impiego la cessazione del rapporto di lavoro "entro i cinque giorni successivi" (art. 21 della L. n. 264/1949).
Da un lato, infatti, ai sensi dell'art. 1. comma 41. della L. n. 92/2012. "il licenziamento intimato all'esito del procedimento disciplinare di cui ali articolo - della legge 20 maggio 1970, n. 300, oppure all'esito del procedimento di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come sostituito dal comma 40 del presente articolo, produce effetto dal giorno della comunicazione con cui il procedimento medesimo è stato avviato, salva l'eventuale diritto del lavoratore al preavviso o alla relativa indennità sostitutiva; è fatto salvo, in ogni caso, l'effetto sospensivo disposto dalle norme del teste unico delle disposizioni legislative in materia di tutela della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001. n. 151. Gli effetti rimangono altresì sospesi in caso di impedimento derivante da infortunio occorso sul lavoro. Il periodo di eventuale lavoro svolto in costanza della procedura si considera come preavviso lavorato".
Dall'altro, il Legislatore ha previsto che l'efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro per dimissioni o risoluzione consensuale sia "sospensivamente condizionata" all'esito delle procedure di cui al citato art. 4, commi 16 e seguenti.
Ne consegue la necessità di definire, nelle predette ipotesi, il momento a partire dal quale (c.d. dies a quo) scaturisce l'obbligo di comunicare la cessazione del rapporto di lavoro al Centro per l'impiego, anche ai fini della sanzionabilità della condotta presidiata, ai sensi dell'art. 19. comma 3. del D.Lgs. n. 276/2003, da una sanzione amministrativa pecuniaria da € 100 a € 500.
Sul punto, d'intesa con la Direzione generale per le politiche dei servizi per il lavoro, si ritiene anzitutto che esigenze di certezza in ordine agli esiti delle procedure di licenziamento impongono di individuare come dies a quo, ai fini della comunicazione in questione, quello della risoluzione del rapporto senza tener conto della circostanza secondo la quale la stessa risoluzione "produce effetto dal giorno della comunicazione con cui il procedimento medesimo è stato avviato", così come prevede l'art. 7, comma 41, della L, n. 604/1966 come sostituito dall'art. 1, comma 40, della L n. 92/2012.
In tal caso, pertanto, si ritiene che gli effetti retroattivi del licenziamento non debbano incidere sui termini di effettuazione dell'obbligo di comunicazione al Centro per l'impiego. Una diversa interpretazione richiederebbe infatti, a seconda dell'esito delle procedure di cui alla L. n. 604/1966 e alla L. n. 300/1970, la necessità di modificare le comunicazioni già effettuate, con ulteriori oneri a carico dei datori di lavoro e dei professionisti che li assistono.
Nella relativa modulistica dovrà tuttavia essere indicata la data a partire dalla quale si producono gli effetti del licenziamento, fermo restando che - si ribadisce - l'obbligo di comunicazione decorre dal momento in cui si risolve il rapporto in quanto si ha certezza in ordine all'esito delle procedure di licenziamento citate.
Quanto alla insorgenza dell'obbligo di comunicare la risoluzione del rapporto a seguito della procedura di cui all'art. 4. commi 16-22, della L. n. 92/2012 lo stesso non può che coincidere con il momento a partire dal quale il lavoratore (nel caso di dimissioni) o le parti (nel caso di risoluzione consensuale) intendono far decorrere giuridicamente la stessa risoluzione.
A titolo esemplificativo, qualora in una lettera di dimissioni presentata il 1° giugno si faccia riferimento alla data del 30 giugno quale ultimo giorno di lavoro, dal 1 ° luglio decorreranno i 5 giorni per comunicare al Centro per l'impiego la cessazione del rapporto.
Resta evidentemente ferma la possibilità di effettuare la comunicazione anche molto tempo prima rispetto alla decorrenza giuridica della risoluzione del rapporto; ciò in funzione della corretta operatività della procedura di convalida che prevede, tra l'altro, la possibilità di ribadire la volontà di risolvere il rapporto tramite una dichiarazione da apporre sulla ricevuta di comunicazione CO.
Quanto all'eventuale revoca delle dimissioni o del consenso alla risoluzione consensuale, occorre evidenziare che la stessa non potrà che comportare - in caso di comunicazione già effettuata - l'insorgere di un nuovo obbligo comunicazionale.
Al riguardo la competente Direzione generale per le politiche dei servizi per il lavoro adotterà pertanto le necessarie misure di adeguamento al sistema al fine di consentire l'annullamento delle comunicazioni di cessazione del rapporto di lavoro in tutti i casi di revoca da parte del lavoratore.
Si coglie da ultimo l'occasione per chiarire che anche il termine di 30 giorni previsto dall'art. 4, comma 22, della L. n. 92/2012 - entro il quale il datore di lavoro deve trasmettere l'invito al lavoratore a convalidare le dimissioni o la risoluzione consensuale - decorre dalla cessazione giuridica del rapporto (nell'esempio precedente dal 1° luglio), ferma restando la possibilità di trasmissione dell'invito anche in data antecedente.
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