Con sentenza n. 106/2013 la Cassazione ha ritenuto illegittimo il licenziamento di un lavoratore, realmente malato, che aveva inviato con cinque giorni di ritardo una certificazione per una malattia di tre mesi: al contempo, il datore di lavoro aveva intimato, nel caso non fosse andato a buon fine il primo licenziamento, un altro provvedimento di recesso all'interno di una procedura di mobilità per la quale era stato esperito l'iter. La Suprema Corte ha annullato anche il, secondo licenziamento. Le motivazioni della decisione fanno riferimento al fatto (primo licenziamento) che la sanzione espulsiva risulta eccessiva rispetto alla previsione del CCNL di settore ed, inoltre, l'imprenditore era a conoscenza dello "status" avendo ricevuto in precedenza altri certificati non oggetto di alcuna contestazione. Per quel che riguarda il secondo licenziamento la Suprema Corte lo ha ritenuto illegittimo "perché dopo un primo licenziamento individuale il secondo non può essere collettivo, né consistere nel collocamento in mobilità", in quanto la situazione di sospensiva riferita al licenziamento individuale non consente la necessaria comparazione tra i lavoratori secondo la previsione sui criteri di scelta ex art. 5 della legge n. 223/1991.
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