Il contratto di lavoro costituisce
la FONTE GIURIDICA DEL RAPPORTO DI LAVORO complementare alla Contrattazione
Collettiva settoriale.
La sua disciplina è assimilata a
quella riguardante i contratti nel codice civile.
Con il contratto di lavoro le
parti, datore di lavoro e lavoratore, sottoscrivono la loro volontà a
intraprendere il rapporto di lavoro impegnandosi reciprocamente ai diritti e
doveri definiti dalla normativa vigente di settore rappresentata dalla
contrattazione collettiva e dalla normativa inerenti tutti gli istituti
contrattuali legati al rapporto di lavoro stesso.
Il contratto di lavoro quindi si
definisce come “accordo tra le parti dove il lavoratore mette a disposizione la
propria prestazione o servizio e il datore di lavoro, di contro, eroga una
retribuzione per la prestazione resa”
Sulla base della sopra citata
definizione possiamo definire il contratto di lavoro un negozio giuridico che
presenta le seguenti caratteristiche:
·
ONEROSO
·
DI SCAMBIO
·
SINALLAGMATICO
L’art. 1325 c.c. definisce inoltre
gli elementi affinchè un contratto di lavoro sia definito valido:
·
Capacità
di giuridica: attitudine ad essere titolare di diritti e doveri;
·
Capacità
di agire: capacità di esercitare la capacità giuridica che si ottiene
solitamente col compimento della maggiore età e che in ambito lavorativo si
ottiene con i 16 anni con cui il soggetto può sottoscrivere un contratto di
lavoro;
·
Volontà
tra le parti
·
Oggetto e
causa del contratto: Mansioni da svolgere
·
Forma del
contratto: La forma è libera, ad eccezione che per alcune particolari
tipologie di contratto per cui la forma è imposta (scritta) ai fini di validità
del contratto stesso.
Parliamo
di Contratti di Apprendistato, Contratti a Termine, Qualsiasi contratto in cui
si apposto il periodo di prova.
Oltre gli elementi sopra riportati,
ai fini della validità di un contratto di lavoro, vi sono altri elementi, ELEMENTI ACCIDENTALI, che non sono
ritenuti essenziali ma che, se inseriti, ne costituiscono parte integrante:
·
Condizione:
evento futuro ed incerto al verificarsi del quale si verifica avvio (promessa
d’assunzione) o cessazione del rapporto di lavoro (cessazione dell’attività
aziendale);
·
Patto di
Prova: disciplinato dall’art. 2096 c.c. si definisce come quell’evento in
cui viene verificata l’idoneità del lavoratore alla prestazione cui dovrà
essere adibito.
In caso
di esito negativo al termine del periodo di prova, il rapporto si intende
risolto senza bisogno di comunicazione, altrimenti avviene con silenzio assenso
la conferma in servizio del lavoratore.
·
Termine
DIRITTI E DOVERI DELLE PARTI CONTRAENTI
Alla sottoscrizione del contratto
di lavoro le parti si vincolano al rispetto di doveri reciproci e diritti
spettanti.
DOVERI DEL
LAVORATORE:
·
DILIGENZA
·
OBBEDIENZA
·
FEDELTA’
·
PRESTARE LA PROPRIA OPERA IN MANIERA PERSONALE
DIRITTI DEL
LAVORATORE
·
DIRITTI DI TIPO PERSONALE: Si tratta di diritti
alla conservazione dello stato di buona salute e sicurezza, diritto allo
studio, diritto all’esplicazione di funzioni pubbliche;
·
DIRITTI DI TIPO PATRIMONIALE: Diritto alla
retribuzione;
·
DIRITTI SINDACALI
DOVERI DEL DATORE DI
LAVORO
·
Erogare la retribuzione;
·
Rispettare le condizioni a tutela della salute e
sicurezza del lavoratore;
DIRITTI DEL DATORE
DI LAVORO
1.
POTERE
DIRETTIVO: Il potere direttivo del datore di lavoro si esplica
nell’esercizio del diritto all’esercizio del POTERE GERARCHICO, CONFORMATIVO E
ORGANIZZATIVO;
2.
POTERE DI
VIGILANZA E CONTROLLO: E’ il potere del datore di lavoro alla verifica che
le prestazioni vengano svolte secondo i termini stabiliti. Il potere di
vigilanza e controllo trova forti limitazioni negli art. 2-3-4-5-6 della Legge 300/70
Art.
2 Divieto di utilizzare personale giurato per controllo lavoratori;
Art.
3 Obbligo di mettere a conoscenza il lavoratore dei soggetti addetti al
controllo;
Art.
4 Utilizzo di dispositivi di videosorveglianza ai soli fini della sicurezza dei
lav.
Art.
5 Divieto di effettuare accertamenti medici sui lavoratori se non per fini
aziendali
Art.
6 Divieto di perquisizione del lavoratore
3.
POTERE
DISCIPLINARE: E’ il potere del lavoratore di infliggere sanzioni
disciplinari al lavoratore in caso di infrazione delle regole aziendali, ovvero
per giusta causa o giustificato motivo soggettivo.
Anche
questo potere trova forti limitazioni da parte dello Statuto dei Lavoratori che
all’art. 7 disciplina l’esercizio del Procedimento Disciplinare.
La
comminazione delle sanzioni è vincolata al rispetto di alcuni principi quali:
1.
Deve essere proporzionale alla gravità
dell’evento;
2.
La gravità e la relativa sanzione deve essere
riportata nel Codice Disciplinare Aziendale.
Il
datore di lavoro, nell’esercizio del potere disciplinare, in funzione della
gravità dell’evento contestato al lavoratore, può applicare diverse tipologie
di sanzioni:
1.
LETTERA DI BIASIMO/RICHIAMO ( è la sanzione più
lieve)
2.
MULTA (fino ad un massimo di 4 ore retribuite)
3.
SOSPENSIONE (fino a un massimo di 10 giornate
lavorative)
4.
LICENZIAMENTO (giusta causa o giustificato
motivo soggettivo)
Perché
il procedimento non sia ritenuto nullo e nulla e impugnabile la relativa
sanzione comminata, bisogna che il datore di lavoro rispetti una procedura
assai rigorosa dettata dall’art. 7 L 300/70.
A
pena di nullità del procedimento disciplinare c’è innanzitutto bisogno della
“pubblicità e affissione in luogo ben visibile e accessibile a tutti i
lavoratori” del CODICE DISCIPLINARE.
In
secondo luogo bisogna che la contestazione sia imminente e assolutamente
oggettiva, ovvero che i fatti contestati e le eventuali sanzioni facciano
riferimento in modo asettico e senza considerazioni personali o interpretazioni
soggettive del fatto contestato.
Effettuata
la contestazione al lavoratore, lo stesso deve essere posto nella condizione di
effettuare contraddittorio del fatto contestatogli.
Il procedimento disciplinare prevede una
tempistica ben specifica nel suo espletamento:
·
Lettera di biasimo
·
Entro 5 giorni il lavoratore deve fornire le
proprie giustificazioni per iscritto o verbalmente se richiesta audizione da
parte del datore di lavoro. Se non vengono presentate il datore di lavoro è
legittimato a procedere nell’applicazione dell’eventuale sanzione;
·
Entro 6 giorni dalla presentazione delle
giustificazioni il datore di lavoro comunicare se le stesse sono state
accettate o meno. In caso di mancanza di risposta si presume siano state
accettate per effetto del silenzio assenzo
·
Se le giustificazioni non sono state accettate
il datore di lavoro comunicherà la mancata accettazione e la volontà di
applicare la sanzione motivandola con il riferimento sul codice disciplinare.
·
Dalla comunicazione di non accettazione delle
giustificazioni e volontà di applicare la sanzione, il datore di lavoro deve
attendere 20 giorni prima di rendere effettiva la disposizione sanzionatoria al
fine di mettere nelle condizioni il lavoratore a impugnare il procedimento nei
suoi confronti. In caso la sanzione sia il licenziamento, prima di comminarlo,
sarebbe opportuno effettuare una sospensione cautelare entro i 20gg a
disposizione del lavoratore per l’impugnativa al fine di non vedersi impugnato
e reso inefficace il procedimento per vizio procedurale.
4.
IUS
VARIANDI : Costituisce il potere del datore di lavoro a modificare le
mansioni del lavoratore in funzione del potere organizzativo aziendale.
L’art. 2103 C.C. pone come
limitazione a tale potere quello del DIVIETO AL DEMANSIONAMENTO, ovvero il
divieto dell’attribuzione del lavoratore a mansioni che arrechino un danno in
termini di competenze e crescita professionale dello stesso.
Lo Ius Variandi si identifica in
tre diverse fattispecie:
·
ATTRIBUZIONE A MANSIONI INFERIORI, vietato
nell’ottica del demansionamento e comunque ammessa sono in specifiche
situazione e comunque con il rispetto del trattamento economico spettante (al
fine di evitare licenziamenti collettivi, per inabilità sopravvenuta alla
prestazione e in caso di astensione obbligatoria della lavoratrice madre);
·
ATTRIBUZIONE A MANSIONI EQUIVALENTI, è permesso
sulla base del rispetto di equivalenza professionale e trattamento economico
della prestazione resa e che non penalizzino il lavoratore sotto il profilo di
crescita e acquisizione di competenze professionali;
·
ATTRIBUZIONE A MANSIONI SUPERIORI, è permessa
con l’adeguamento del trattamento economico delle prestazioni rese sulla base
delle disposizioni di cui al CCNL di riferimento (art. 2103 c.c.).
L’attribuzione a mansioni superiori
prevede un adeguamento SOLO ECONOMICO se le prestazioni è stata effettuata
continuativamente per un periodo non superiore ai 3 mesi.
Se le mansioni superiori vengono
svolte per un periodo continuativo superiore ai tre mesi, il lavoratore ha
diritto all’adeguamento anche del livello.
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