Tra le grandi novità introdotte dal Jobs Act, in concomitanza con la riforma sull'articolo 18 e il sistema delle tutele per le piccole e grandi aziende, salta fuori anche quella relativa alla procedura conciliativa.
Percorrendo l'evoluzione di questo istituto, ricordiamo che la conciliazione, obbligatoria ante Collegato Lavoro (L. 183/2010), con quest'ultima diviene facoltativa, rimanendo obbligatoria solamente per l'accesso al processo giudiziario dei contratti certificati.
Interviene nuovamente sull'argomento la L. 92/2012 che torna a rendere obbligatorio il tentativo di conciliazione preliminarmente ai licenziamenti per giustificato motivo oggettivo operati da aziende con più di 15 dipendenti.
Ultima modifica è ora richiamata dal Jobs Act (L. 183/2014) che, sempre nelle more della facoltatività del tentativo di conciliazione, pone un accento più marcato su questo strumento come anticamera della lite giudiziaria.
La prima importante modifica rispetto a quanto previsto dalla L. 92/2012 è l'eliminazione dell'obbligo preliminare di intentare la conciliazione per i licenziamenti economici in tutela reale.
Secondo poi vi è l'estensione a piccole e grandi imprese, della possibilità di conciliare anche nell'ambito di licenziamenti di natura disciplinare, intervenendo dopo l'intimazione di recesso e comunque prima del ricorso giudiziario.
Nella proposizione della conciliazione il datore di lavoro, entro il termine di 60 giorni dall'intimazione del licenziamento stesso, può effettuare un'offerta economica al lavoratore.
Quest'offerta è di natura novativa ovvero, una volta accettata (a mezzo presentazione di assegno circolare), chiude qualsiasi possibilità delle parti di rivendicare diritti in merito al recesso intercorso.
Trattasi di una sorta di "Indennità conciliativa" che non ha natura retributiva ed è esonerata da assoggettamento fiscale e previdenziale, quantificata in una mensilità di retribuzione per ogni anno di servizio (per i periodi di durata inferiore l’importo viene riproporzionato), in misura comunque non inferiore a due e non superiore a 18 (gli importi sono dimezzati e non possono eccedere le sei mensilità per le piccole imprese).
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