In questo articolo facciamo alcune considerazioni sugli effetti che "scissione dei pagamenti"ha su alcuni soggetti che, nell'ottica di un mancato incasso dell'imposta sul valore aggiunto, vedono crescere a dismisura il proprio credito nei confronti dell'Erario.
I primi soggetti ad esserne coinvolti sono senz'altro tutti i fornitori della P.A. che sono in costante credito d'Iva in quanto operano per le vendite in regime di esenzione (vedi ad esempio le librerie) o che adottano un'aliquota Iva inferiore rispetto a quella mediamente applicata sugli acquisti inerenti l'esercizio dell'attività d'impresa.
Ma, non meno colpiti, sono tutti quei soggetti che godono di un regime IVA agevolato, ovvero che sono legittimati ad un versamento forfettizzato.
Parliamo dei c.d. Enti no profit che, in applicazione alle disposizioni di cui alla Legge 398/1991 beneficiano di una detrazione forfettaria del 50% sull'Iva a debito per le operazioni attive riconducibili all'attività istituzionale.
In quest'ultimo caso, in cui la P.A. si troverà comunque di fronte l'obbligo di operare la "scissione" dei pagamenti, comunicando mensilmente alla Siae per il monitoraggio dell'effettivo versamento, le conseguenze per gli enti no profit sono chiaramente penalizzanti in quanto appare totalmente inutile il prelievo del 50% dell'imposta IVA forfettizzata che comunque tali soggetti non avrebbero dovuto versare a debito ma che invece si vedranno trattenuta a prescindere.
Seppur è vero che comunque questo "anticipo" verrà recuperato in sede di conguaglio con un credito da utilizzare in compensazione o da richiedere a rimborso, però appare che in questo caso in esame l'obiettivo con cui lo Split Payment viene introdotto (quello di evitare l'incasso e mancato versamento dell'imposta da parte dei fornitori) non sembrerebbe aver ragione d'essere, anzi risulterebbe penalizzante trattenendo una somma che non avrei comunque dovuto versare.
Fonte Sole 24 Ore del 05/02/2015
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