In questo articolo mettiamo in evidenza la recente sentenza della Suprema Corte n. 20218 del 07 ottobre 2016 riguardo al licenziamento comminato nei confronti di un lavoratore che si sia assentato dal lavoro senza alcuna giustificazione.
In una prima analisi il fatto che ha dato luogo al recesso avrebbe, di prassi, dato luogo all'avvio di un procedimento disciplinare che sarebbe culminato, sulla base di opportune valutazioni in merito alle conseguenze arrecate all'azienda per l'assenza del lavoratore, in un c.d. licenziamento per giustificato motivo soggettivo.
Tuttavia, in relazione alle conseguenze apportate dall'assenza ingiustificata, la Cassazione ha affermato che il datore di lavoro ha il diritto di optare anche per la giusta causa del recesso in relazione alla gravità del fatto e al venir meno del rapporto fiduciario valutato in relazione alla natura e alla qualità del singolo rapporto, alla posizione delle parti, al grado di affidabilità richiesto dalle singole mansioni, nonché dalla portata soggettiva del fatto, ossia dalle circostanze del suo verificarsi, dai motivi e dall’intensità dell’elemento intenzionale e di quello colposo.
Nello specifico caso di cui alla sentenza sopra citata la giusta causa del licenziamento sarebbe supportata, oltre che dall’assenza ingiustificata dal lavoro anche da giustificazioni risultate non vere dimostrando, quindi, mancanza di buona fede del lavoratore e, di conseguenza, la lesione del rapporto fiduciari, anche in relazione alla posizione ricoperta in azienda.
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