Con la sentenza 12652 dello scorso 13 maggio 2019 i giudici della Suprema Corte confermano l'orientamento volto a riconoscere l'imponibilità previdenziale e assicurativa di talune somme erogate in sede di transazione tra datore di lavoro e lavoratore ex art. 1965 c.c. al fine di definire l'onerosità di reciproche concessione con cui porre fine a una lite o prevenirne una.
La Suprema Corte conferma sostanzialmente l'interpretazione dell'INPS che agiva nei confronti di una società per il recupero delle somme contributive dovute dal datore di lavoro in relazione al periodo accertato per somme a cui il lavoratore aveva rinunciato e oggetto della transazione.
Viene sostanzialmente ribadito che l'imponibilità richiamata dall'istituto previdenziale in caso di intervenuta transazione tra datore di lavoro e datore di lavoro per definire in via conciliativa la cessazione del rapporto di lavoro si legittima sul fatto che il datore di lavoro è sempre obbligato corrispondere i relativi importi a titolo di contributi INPS anche qualora il lavoratore rinunci a ricevere somme di natura retributiva (e quindi soggette a contribuzione).
La conferma da parte della Cassazione deriva dal principio secondo il quale il rapporto previdenziale è distinto e autonomo rispetto al rapporto di lavoro e la legittima rinuncia di somme imponibili da parte del lavoratore non esonera dall'obbligo di versamento della contribuzione dovuta in quanto i contributi previdenziali sono considerati "indisponibili" alle Parti e il loro versamento non può in alcun modo essere pregiudicato da un atto dispositivo.
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