L'amministratore di società è colui che, investito di specifici doveri, è incaricato alla gestione e realizzazione di tutte le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale, assumendo la rappresentanza della società.
Una definizione abbastanza chiara da cui se ne evince che trattasi di una figura che, nell'accettazione del proprio incarico (nomina), si assume i doveri gestori tipici della società, in termini di contenuto (incarichi e deleghe) e di qualità (obblighi di diligenza del buon padre di famiglia).
Prima di entrare nel merito e specificità della figura dell''amministratore di società è opportuno precisare che i sui obblighi e doveri si innestano nell'ambito di un contratto societario (ex art. 2247 cc) con cui
“due o più persone conferiscono beni o servizi per l'esercizio in comune di una attività economica allo scopo di dividerne gli utili”
Quindi il codice civile identifica nella "società" un accordo con cui i soci stabiliscono l'insieme delle regole allo scopo di attuare tale contratto, per l'esercizio di una attività produttiva e l'organizzazione di persone e mezzi.
Nell'ambito dell'accordo "giuridicamente" definito tra i soci per la realizzazione dello scopo sociale l'amministratore assume con la propria nomina l'incarico di supervisionare alla corretta applicazione del contratto sociale (gestione) per mezzo di poteri (deleghe) conferite dai soci (rappresentanza).
Inquadrata la posizione dell'amministratore di società e delineate molto sommariamente le sue funzioni e responsabilità, dirigiamo la nostra analisi nel merito di aspetti caratterizzanti la sua operatività.
Onerosità della prestazione per conferimento dell'incarico
L'obbligo di remunerazione della prestazione dell'amministratore è una delle tante questioni ancora aperte, formalmente non denotata da una presunzione di onerosità "assoluta" (seppur maggiormente diffusa) che lascia spazio ad una previsione di "legittimata" gratuità, seppur molto limitata.
A sostegno dell'onerosità della prestazione potremmo condurre la nostra analisi nell'ambito di un excursus logico-giuridico.
L'amministratore che abbia accettato l'incarico vuol dire che, giuridicamente, ha contratto un'obbligazione nei confronti della società che amministra. L'obbligazione sottoscritta con l'assunzione dell'incarico vincola l'amministratore ad un "compito" il cui esercizio è da ritenersi obbligatorio, rinvenendosi conferma interpretativa anche nell'"imperativo lessicale" utilizzato nella descrizione dei doveri cui è chiamato ("approva il bilancio").
Ne discende che, ai sensi di quanto espressamente previsto dall'art. 1174 cc, la prestazione resa nell'ambito dell'obbligazione derivante dal suo incarico, debba essere suscettibile di una "valutazione economica" e da questa ne debba discendere un interesse diretto che può avere sia carattere patrimoniale (un compenso ad esempio) che non (se vi è altro tipo di interesse insito nella realizzazione dello scopo sociale).
Si aggiunga poi la previsione ex art. 2389 cc secondo cui "i compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti all'atto della nomina o dall'assemblea" richiamando nella locuzione "sono stabiliti" quello che, secondo la teoria sostenitrice dell'onerosità, è un obbligo e non una facoltà.
Alla luce di quanto sopra analizzato possiamo quindi affermare che la prestazione dell'amministratore dev'essere considerata sempre onerosa.
Tuttavia, come indicato in premessa, l'onerosità va assunta come presunzione pur sempre relativa che, nelle more anche della qualificazione patrimoniale dell'obbligazione assunta dall'amministratore, potrebbe legittimamente ravvisarsi gratuita (anche sotto forma di una rinuncia) allorquando potesse evincersi nell'incarico un interesse diverso da quello "materialmente" del compenso, ad esempio un incarico assunto per l'acquisizione di una competenza professionale o per un'intesa che prevede vantaggi economici attraverso accordi commerciali o acquisizione di incarichi.
Quindi, per concludere, l'incarico è da considerarsi "normalmente" oneroso salvo oggettive e dimostrabili circostanze che ne giustifichino un "diverso" interesse da quello economico, oltre che una specifica previsione statutaria o deliberativa della volontà dei soci o rinuncia del medesimo amministratore.
Le forme dell'incarico dell'amministratore
Nell'ambito del contratto di società, l'amministratore assume le proprie obbligazioni attraverso un incarico societario che può vestirsi di un diversificato nomen iuris che tipicamente rinveniamo in una collaborazione coordinata e continuativa ex art. 409 cpc o anche di una collaborazione di natura autonoma (professionale) allorquando le prestazioni risultanti da incarico risultino inerenti all'attività artistica o professionale esercitata.
Soffermandoci sulla forma della collaborazione coordinata e continuativa, il compenso che ne scaturisce deve rispettare requisiti specifici ai fini di una legittima erogazione in capo all'amministratore, sia sotto un profilo civilistico (proporzione ed equità), che tributario (certezza, inerenza). Per l'oggettiva verifica di tali aspetti risulta fondamentale che l'attribuzione di un compenso all'amministratore risulti, oltre che come previsione in sede di prima nomina (su atto costitutivo), anche come previsione di oggettiva volontà dell'assemblea dei soci (delibera assembleare).
Le collaborazioni suddette sono inquadrabili nell'alveo della parasubordinazione, i cui compensi che ne derivano assumono la forma di redditi assimilati a lavoro dipendente, assoggettati a contribuzione INPS in gestione separata.
Collaborazione dell'amministratore: particolari aspetti assicurativi e previdenziali
- socio di capitale, che quindi non partecipa attivamente all'organizzazione di persone e mezzi nella realizzazione dell'obiettivo imprenditoriale;
- socio lavoratore, che quindi è attivamente impegnato nelle attività d'impresa.
- in tutte le casistiche in cui l'amministratore assuma l'incarico come professionista (lavoratore autonomo) mancando l'inserimento diretto nell'organizzazione sociale;
- l'amministratore o il socio non effettua alcuna attività materiale diretta al conseguimento dello scopo sociale, quindi non si ravvisa alcun rischio assicurabile (casistica in cui l'amministratore partecipi solo alle assemblee oppure il socio soltanto sovraintenda alle attività svolte da terzi).
Articolo di Bruno Olivieri
(Consulente del Lavoro in Pescara)
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